La Cassazione torna a pronunciarsi
su un'importante e delicata questione: la liquidazione del danno biologico nel
caso in cui il danneggiato muoia durante il processo, per causa non
ricollegabile all’evento dannoso. In particolare, si pongono i problemi concreti
circa la liquidazione del danno biologico rispetto all’aspettativa di vita,
nonché delle spese future e del danno morale soggettivo.
Cass. civ., sez. III, ord., 26 novembre 2024, n. 30461
Nel caso in esame, Tizio accede al pronto soccorso per
una sincope diagnosticata, ma viene subito dimesso. Il giorno seguente torna al
pronto soccorso, dove perde conoscenza, ma viene dimesso nuovamente. Mentre
esce dalla clinica, cade su una scala mobile interna, rompendosi il rachide
cervicale e riportando un'invalidità del 90%, immobilizzato a letto per 8 anni,
fino al decesso. Tizio, allora, evoca in giudizio la struttura e i medici per
il risarcimento del danno, ma decede durante il processo che
viene, pertanto, riassunto dall'erede/moglie.
Le questioni principali affrontate dalla Suprema Corte
sono diverse:
1) la liquidazione del danno biologico per il
caso di premorienza: il danno biologico deve essere liquidato sulla base
della sua aspettativa di vita oppure sulla base dell'effettivo vissuto?
2) la liquidazione del danno da invalidità
temporanea è ricompreso nella voce tabellare del danno con
premorienza?
3) il danno morale soggettivo è una
duplicazione di danno?
4) il rimborso delle spese mediche
future e premorienza: quale prova?
La questione
della liquidazione del danno biologico in caso di premorienza
Il giudice di appello aveva utilizzato le tabelle
milanesi, che, per il caso di premorienza, prevedono un valore decrescente di
risarcimento, sul presupposto che l'invalidità permanente incide in maniera
maggiore all'inizio e minore alla fine.
La Corte di Cassazione ritiene tale criterio errato,
richiamando i suoi precedenti: «Qualora la vittima di un danno alla salute sia
deceduta, prima della conclusione del giudizio, per causa non ricollegabile
alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del
risarcimento spettante agli eredi del defunto iure successionis va
parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non a quella
statisticamente probabile, sicché tale danno va liquidato in base al criterio
della proporzionalità, cioè assumendo come punto di partenza il risarcimento
spettante, a parità di età e di percentuale di invalidità permanente, alla
persona offesa che sia rimasta in vita fino al termine del giudizio e
diminuendo quella somma in proporzione agli anni di vita residua effettivamente
vissuti (Cass. 41933/ 2021; Cass. 15112/ 2024).»
La liquidazione del danno biologico, nel caso di
premorienza del danneggiato, va effettuata proporzionalmente e non già assegnando un maggior valore alla invalidità
iniziale ed uno minore a quelle finale, ossia prossima al decesso.
La
liquidazione del danno da invalidità temporanea
La Corte di Appello liquidava il danno biologico per
il caso di premorienza, che però, attenendosi alle tabelle, non include quello
da invalidità temporanea.
Per la Cassazione, il danno da invalidità temporanea è
diverso dalla premorienza, né può implicitamente ritenersi incluso a cagione
della formula omnicomprensiva con cui il danno biologico è definito, posto che
quel criterio tabellare liquida il danno da premorienza, cioè quello permanente
che, data la morte, viene ovviamente a cessare, e che va liquidato
sull'effettivo periodo vissuto e cioè sulla effettiva durata della malattia,
ossia della invalidità permanente. Il danno da invalidità temporanea va
liquidato a parte.
Il danno
morale soggettivo
La Corte di Appello non ha liquidato il danno morale,
ritenendo che una sua liquidazione costituisca duplicazione del risarcimento
del danno biologico.
Tale tesi, per la Cassazione, è infondata.
È principio di diritto consolidato che il
danno morale è una voce autonoma di danno, che ovviamente va accertato e
liquidato solo se verificatosi effettivamente, ma che non costituisce una
duplicazione illegittima del danno biologico, né può ritenersi rilevante solo
ove sia provata una personalizzazione del danno, ossia solo ove il danno abbia
avuto conseguenze singolari ed eccezionali sulla vittima. Il danno morale è una
voce di danno come il biologico, che può prodursi senza che si produca
quest'ultimo (una ingiuria o una reputazione che determinano sofferenza
interiore ma nessuna conseguenza sulla salute).
Di conseguenza va ribadito che «In tema di
risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi
costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la
situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente
valutare, sul piano della prova, tanto l'aspetto interiore del danno (c.d.
danno morale), quanto il suo impatto modificativo in peius con
la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione,
da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto
dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile - alla luce
dell'insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente
intervento del legislatore (artt. 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge
annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) - è la
sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente
protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto
di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò,
autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi
di prova normativamente previsti (Cass., 901/ 2018).»
Il rimborso
delle spese mediche future e premorienza
Quando è stato chiesto il rimborso delle spese
mediche, esse dovevano ancora essere effettuate, trattandosi di spese richieste
future, per poter far fronte allo stato di invalidità.
Dunque, al momento della domanda, non si poteva
pretendere che le spese mediche venissero documentate come effettivamente già
affrontate: non lo erano, erano spese future e le spese future non potevano che
essere provate mediante un preventivo o mediante una stima effettuata dal CTU.
L'oggetto di tale prova non è cambiato a seguito della interruzione del
processo.
Defunto il danneggiato, al suo posto è subentrato
l'erede, che però occupa processualmente la stessa posizione del dante causa:
il danneggiato aveva dimostrato che avrebbe dovuto spendere quella data somma,
e quella dimostrazione è valsa anche per il suo successore nel processo.
In sostanza, ciò che conta è la regola probatoria al
momento della domanda.
In questa posizione probatoria subentra l'erede del
danneggiato, che non è onerato di una prova diversa ed ulteriore, ossia di
dimostrare che ha effettivamente speso quella somma, poiché la sua posizione
non è nuova ed autonoma rispetto a quella del suo dante causa. Altro discorso
ovviamente è quello relativo al fatto che la morte del danneggiato in corso di
causa, ha inciso sulla durata di quelle spese future e dunque sul loro
ammontare: aspetto che, però, non era motivo di indagine.
Cass. civ., sez. III, ord., 26 novembre 2024, n. 30461
Fonte: DirittoeGiustizia
https://www.dirittoegiustizia.it/#/documentDetail/11037658