La Corte di cassazione, nella
ordinanza 3 maggio 2024, n. 12000, si è pronunciata in relazione ad una
fattispecie inerente al risarcimento dei danni conseguenti ad un'omessa
diagnosi di malformazioni del feto in sede di ecografia morfologica e
della lesione del diritto all'autodeterminazione della gestante.
Nella specie, gli attori avevano
promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello che,
confermando la decisione di primo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento
dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti del medico e
della casa di cura.
In particolare, i giudici di
secondo grado avevano ritenuto che, sulla base della perizia officiosa svolta,
la refertazione del sanitario risultava incompleta ma che la descritta
responsabilità omissiva non poteva condurre all'accoglimento della domanda, non
essendo stato allegato e provato, seppure con presunzioni, che la parte,
qualora compiutamente informata, avrebbe deciso d'interrompere la gravidanza.
Gli originari attori impugnavano
così la pronuncia in cassazione, contestando, per quanto d'interesse, l'errore
della Corte d'appello per la mancata considerazione del fatto che il difetto
di refertazione non aveva permesso una corretta formazione del consenso,
ledendo il diritto all'autodeterminazione del paziente.
La Corte ha accolto il motivo di
ricorso, richiamando consolidati principi secondo cui l'acquisizione del
«consenso informato» del paziente, da parte del sanitario, costituisce
prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento medico,
con la conseguenza che l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo, in
ipotesi, a un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto
a quello dovuto per la violazione dell'obbligo d'informazione. E ciò anche in
ragione della diversità dei diritti - rispettivamente, alla
“autodeterminazione” delle scelte mediche e all'integrità psicofisica -
pregiudicati nelle due differenti ipotesi.
In altri termini, i danni
risarcibili in conseguenza della lesione del diritto
all'autodeterminazione della gestante non si limitano a
quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che
siano connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare
consapevolmente tale nascita. Ad esempio, il ricorso, per tempo, a una
psicoterapia o quanto meno la tempestiva organizzazione della vita in modo
compatibile con le future esigenze di cura del figlio (Cass. civ. n. 2798/2023, in linea con la
ricostruzione ed esposizione sistematica riassunta da Cass. civ. n. 16633/2023).
In questo senso, ad esempio, si è
concluso che «il sanitario che formuli una diagnosi di normalità
morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne
hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha
l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro
di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio del diritto
della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti (Cass. civ. n. 30727/2019).… Ad una corretta
informazione consegue la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente
le conseguenze dell'intervento, ove queste risultino, sul piano post-operatorio
riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili quanto
inaspettate per il paziente a causa dell'omessa informazione» (Cass. civ. n. 2798/2023, cit.).
Cass. Civ. sez. III, 3 maggio 2024,
n. 12000
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Fonte:
IUS - Responsabilità Civile - RIDARE