In tema di reati contro la pubblica amministrazione, integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l'intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave, trattandosi di un reato di pericolo per il quale a nulla rileva che lo stato di salute del paziente si riveli in concreto meno grave di quanto potesse prevedersi. In sostanza, il delitto è integrato ogniqualvolta il medico di turno, pubblico ufficiale, a fronte ad una riferita sintomatologia ingravescente e alla richiesta di soccorso, che presenti inequivoci connotati di gravità e di allarme, neghi un atto non ritardabile, quale appunto quello di un accurato esame clinico volto ad accertare le effettive condizioni del paziente (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 15 marzo 2024, n. 11085).
La Corte di Cassazione si sofferma, con la sentenza in commento, su una questione interessante, in particolare afferente alla configurabilità del reato di rifiuto di atti d’ufficio nei confronti del medico di guardia che, richiesto di una visita domiciliare urgente, in presenza di un quadro sintomatologico grave, non la esegua.
Nella vicenda processuale esaminata, in particolare, la Corte di appello aveva confermato la responsabilità penale di un medico per non aver eseguito la richiesta visita domiciliare, nonostante le riferite gravi condizioni di salute, limitandosi a diagnosticare telefonicamente una gastroenterite che, successivamente, risultava essere un infarto che portava al decesso del paziente. La Cassazione - nel disattendere la tesi difensiva secondo cui ai sensi dell'art. 13 D.P.R. n. 41/1991 la scelta del medico di provvedere o meno a visita domiciliare costituisce un atto discrezionale – ha invece ribadito che se è vero che non basta la generica negligenza, ma è sufficiente che l'agente abbia la consapevolezza che il proprio contegno omissivo violi i doveri impostigli, è altrettanto vero che tra tali doveri rientrano quelli delineati nel sopracitato art. 13 D.P.R. n. 41/1991 la cui necessità va valutata secondo criteri di ragionevolezza desumibili dalla situazione in concreto rappresentata.
Il fatto
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale, previa assoluzione per il delitto di omicidio colposo, aveva condannato un sanitario per omissioni in atti di ufficio, perché, nella qualità di medico di guardia dell'Ausl, aveva rifiutato di eseguire una visita domiciliare presso un paziente, nonostante le riferite gravi condizioni di salute (tra cui forte bruciore allo sterno accompagnato da irradiazione di dolore sulle braccia e sulle dita delle mani), limitandosi a diagnosticare telefonicamente una gastroenterite che, successivamente, risultava essere un infarto che portava al decesso dell'uomo.
Il ricorso
Contro la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la difesa, in particolare sostenendone l’erroneità in ordine alla sussistenza del reato di cui all'art. 328 c.p. mancando "l'indebito rifiuto". Infatti, ai sensi dell'art. 13 D.P.R. n. 41/1991 la scelta del medico di provvedere o meno a visita domiciliare costituisce un atto discrezionale, di cui la stessa perizia aveva escluso la necessità in base ai sintomi indicati nella telefonata, intercorsa tra la ricorrente e la convivente del paziente, sintomi dai quali non risultava né la natura infartuale, tanto da non imporre l'intervento di un'ambulanza né un inequivoco quadro clinico grave.
La decisione della Cassazione
La Cassazione, come anticipato, ha disatteso la tesi difensiva.
Ricorda la S.C. che l'art. 13 D.P.R. n. 41/1991 stabilisce che il medico in servizio di guardia deve rimanere a disposizione "per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti" e durante il turno "è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti". È di tutta evidenza che, in base alla norma citata, la necessità e l'urgenza di effettuare una visita domiciliare spetti alla valutazione discrezionale del sanitario di guardia, sia sulla base della sintomatologia riferitagli che sulla base della propria esperienza. Tale valutazione, però, è sindacabile dal giudice di merito, in forza degli elementi di prova sottoposti al suo esame, per accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata sulla base di dati di ragionevolezza, desumibili dallo specifico contesto e dai protocolli sanitari applicabili, oppure costituisca un pretesto per giustificare l'inadempimento dei propri doveri (Cass. pen., Sez. VI, n. 34535 del 29/7/2019, G.; Cass. pen., Sez. VI, n. 23817 del 30/10/2012, dep. 2013, CED Cass. 255715).
Nel caso in esame, i giudici, dopo avere escluso che la condotta di tipo omissivo del medico avesse causalmente determinato la morte del paziente, avevano spiegato come l'ostinato rifiuto del medico di eseguire la visita domiciliare andasse qualificato come rifiuto di atti di ufficio proprio alla luce della trascrizione del contenuto della telefonata, registrata in automatico dal servizio sanitario, intercorsa tra il medico e la moglie del paziente. Questa, infatti, dopo avere rappresentato di avere già contattato la guardia medica, aveva espressamente chiesto una visita domiciliare riferendo che il marito:
a) aveva "dolori fortissimi addominali" che si estendevano dal torace sino alle mani, anche con formicolio, e non passavano;
b) aveva vomito e diarrea;
c) era molto pallido e sudatissimo.
Nonostante la perizia disposta in primo grado avesse ritenuto che i menzionati sintomi dovessero indurre ragionevolmente a considerare la possibilità teorica che fosse in atto una patologia cardiovascolare di natura ischemica, il medico aveva diagnosticato una semplice gastroenterite (ritenuta dai periti "francamente erronea"), fornendo consigli di natura alimentare, e non aveva ritenuto necessario eseguire la visita domiciliare sebbene solo il rilevamento di parametri obiettivi (quali la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il ritmo cardiaco, la cianosi) avrebbe consentito di comprendere, in concreto, la patologia del paziente.
La sentenza merita senz’altro di essere condivisa.
Ed infatti, le argomentazioni esposte dalla Corte d’appello risultano correttamente fondate sull'indebito e consapevole rifiuto del medico di svolgere l'intervento domiciliare urgente, in assenza di altre esigenze del servizio (quali, ad esempio, contemporanee richieste di intervento urgente), a fronte dell'inequivoca gravità e chiarezza della sintomatologia esposta, per sincerarsi personalmente, pur nel dubbio, delle effettive condizioni del paziente e dell'eventuale situazione di pericolo in cui questi si trovava o meno, in base ad un esame clinico diretto.
D'altra parte, il delitto in esame rientra tra i delitti contro la pubblica amministrazione in quanto sanziona il rifiuto consapevole del medico di adottare atti, senza ritardo, per la tutela del diritto alla salute che, ai sensi dell'art. 32 Cost., costituisce "fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività" e, per questo, rende il sanitario portatore di funzioni pubbliche.
Fonte: Wolters Kluwer
https://www.altalex.com/documents/2024/04/03/medico-guardia-non-esegue-visita-domiciliare-urgente-rifiuto-atti-ufficio