Il paziente ha diritto ad ottenere una prima copia gratuita della propria cartella medica

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Ai sensi degli artt. 12§.5 e 15 §.1 e 3 GDPR «l'obbligo di fornire gratuitamente all'interessato una prima copia dei suoi dati personali oggetto di trattamento vincola il titolare del trattamento anche qualora tale richiesta sia basata su una finalità estranea a quelle di cui al considerando 63, prima frase, di tale regolamento». Un’eventuale seconda copia della stessa cartella medica, però, sarà soggetta a pagamento.
Più precisamente ai sensi dell'art.15 §.3 «nell'ambito di un rapporto medico/paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che all'interessato sia fornita una riproduzione fedele e intelligibile di tutti questi dati. Tale diritto comprende il diritto di ottenere una copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella clinica che contengono, in particolare, tali dati, qualora la fornitura di una siffatta copia sia necessaria per consentire all'interessato di verificarne l'esattezza e la completezza e di garantirne la comprensibilità. Nel caso di dati relativi alla salute dell'interessato, tale diritto comprende in ogni caso il diritto di ottenere una copia dei dati contenuti nella sua cartella clinica contenente informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti e qualsiasi trattamento o intervento somministrato all'interessato» (neretto, nda).
Ciò perché è necessario contestualizzare tali dati e per consentire al paziente un controllo sulla trasparenza e la liceità del trattamento dei propri dati: ciò non sarebbe possibile se fosse data copia dei soli dati in quanto tali anziché dei documenti (estratto o copia integrale) in cui essi sono contenuti (EU:C:2023:369 e 3).
La vicenda
Sono due delle massime stilate dalla CGUE nella EU:C:2023:811, C-307/22 del 26 ottobre che ha risolto un problema comune anche ad altri Stati dell'UE visto che in genere sono richiesti diritti di copia ed accessori per estrazione dei dati dalle proprie cartelle mediche. La vicenda che era approdata sino alla Cassazione tedesca (Corte federale di giustizia) riguardava la lite tra una paziente e la sua dentista. La donna sospettando di non aver ricevuto cure adeguate, al fine di esperire un'azione di responsabilità, chiese alla professionista di ricevere una copia della propria cartella medica: la dentista accettò alla sola condizione che la paziente le rimborsasse le spese per effettuarla. La ricorrente ha sempre sostenuto che la copia doveva essere gratuita perciò da questa richiesta di refusione è scaturita una lite giudiziaria che nei primi due gradi era stata favorevole alla paziente.
Le copie dei propri dati sanitari devono essere gratuite
L'essenza stessa del GDPR e della stessa protezione dei dati è che l'interessato possa averne accesso in qualsiasi momento, possa consultarli, farli rettificare, chiederne la cancellazione od ottenerne copia dal titolare del trattamento. In primis La CGUE rileva che l'art. 12 §.5 GDPR «sancisce il principio secondo cui l'esercizio del diritto di accesso della persona interessata ai dati oggetto di trattamento e alle relative informazioni non comporta alcun costo per la persona interessata. Inoltre, tale disposizione prevede due motivi per cui un responsabile del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole tenendo conto dei costi amministrativi o rifiutarsi di dare seguito a una richiesta. Tali motivi riguardano casi di abuso di diritto, in cui le richieste dell'interessato sono «manifestamente infondate» o «eccessive», in particolare a causa del loro carattere ripetitivo» (neretto, nda).
La fattispecie non rientra in queste due eccezioni. L'art. 15 §§.1 e 3 poi sancisce un diritto di accesso ai propri dati sanitari gratuito e che il paziente deve ottenerne copia integrale. Non solo queste disposizioni impongono oneri precisi al titolare del trattamento dei dati, ma anche chiariscono, rinviando anche ai Considerando 59 e 63 del GDPR, che la ratio di questo Regolamento e della protezione dei dati è che chiunque deve avere accesso ai propri dati ed esserne informato sul loro trattamento (trasparenza). Perciò gli Stati dovrebbero adottare «disposizioni volte ad agevolare l'esercizio, da parte dell'interessato, dei diritti conferitigli dal presente regolamento, compresi i mezzi per chiedere e, se del caso, ottenere gratuitamente, in particolare, l'accesso ai dati personali, rettifica o cancellazione e l'esercizio di un diritto di opposizione» (neretto, nda).
Ergo non c'è alcuna necessità che l'interessato giustifichi i motivi per i quali chiede accesso ai propri dati, fermo restando che andranno rigettate tutte quelle domande che dovessero risultare estranee alle finalità di conoscenza del trattamento e di verificarne la liceità. In tutti questi casi deve essere data copia gratuita della cartella medica, dei referti etc. come sopra esplicato, restando inteso che ai sensi dell'art. 15 il professionista titolare del trattamento possa chiedere un rimborso spese ragionevole solo per le eventuali copie supplementari.
«Di conseguenza, tenuto conto dell'importanza che il GDPR attribuisce al diritto di accesso ai dati personali oggetto di trattamento, come garantito dall'articolo 15, paragrafo 1, del GDPR al fine di conseguire tali obiettivi, l'esercizio di tale diritto non può essere subordinato a condizioni che non siano state espressamente previste dal legislatore dell'Unione, come l'obbligo di invocare uno dei motivi menzionati al considerando 63, prima frase, del GDPR»: il rifiuto di consegnarne una copia e/o la richiesta di refusione delle spese confliggono con questi obiettivi di trasparenza e di tutela rafforzata dei diritti dell'interessato.
Va disapplicata la legge interna che impone di pagare detta copia
L'art. 23 GDPR prevede che lo Stato possa limitare, con proprie leggi, la portata degli obblighi previsti dall'art.12 a 22 GDPR «a condizione che tali misure corrispondano ai diritti e agli obblighi previsti da tali articoli e che una siffatta limitazione rispetti il contenuto essenziale dei diritti e delle libertà fondamentali e costituisca una misura necessaria e proporzionata per garantire, in particolare, la tutela dei diritti e delle libertà altrui».
Orbene, essendo sorti dubbi esegetici alla luce di quanto sopra, tenendo conto che l'ordinamento tedesco prevede un tariffario minimo per l'estrazione di copia di dati sanitari a tutela del professionista e che ciò rischia di avere un effetto dissuasivo sull'interessato che potrebbe rinunciarvi, abdicando così anche a tutelare i propri diritti, la CGUE ha sancito che l'art. 23 §. 1 Lett.I) del GDPR «deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale adottata prima dell'entrata in vigore di tale regolamento può rientrare nell'ambito di applicazione di tale disposizione. Tuttavia, una siffatta facoltà non consente l'adozione di una normativa nazionale che, al fine di tutelare gli interessi economici del responsabile del trattamento, imponga all'interessato di sostenere i costi di una prima copia dei suoi dati personali oggetto di tale trattamento».
https://www.dirittoegiustizia.it/?utm_campaign=DeG_27+ottobre+2023&utm_medium=email&utm_source=MagNews#/documentDetail/10726118
Fonte: Diritto e Giustizia

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