Ad impedire il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, non è di per sé l'assenza di riscontri diagnostici strumentali, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, che ben può essere compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c. A confermarlo è la Cassazione con ordinanza del 21 settembre 2023, n. 26985.
Il Giudice di Pace di Bologna con sentenza n. 1961/2017, in parziale accoglimento della domanda attorea:
a) condannava Allianz S.p.A. al risarcimento dei danni (quantificati, rispettivamente, nella misura di euro 820,05 a favore di Elio Cavallo, nonché nella misura di euro 773,52 ciascuno, a favore di D.Y. e di M.C., oltre per tutti interessi e rivalutazione dal di del fatto al deposito della sentenza );
b) dichiarava già integralmente risarcita la sig. A.F. all’esito del versamento ante causam da parte della compagnia di euro 2600,00;
c) compensava integralmente le spese del giudizio tra tutte le parti, ponendo definitivamente a carico degli attori le rispettive spese sostenute per la CTU, e di ciascuna delle parti le spese sostenute per i compensi dei rispettivi CTP.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano appello gli originari attori.
Nella resistenza della sola compagnia di assicurazione, con sentenza 20667/2018 il Tribunale di Bologna, in accoglimento del gravame e in conseguente parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure: accertava la esclusiva responsabilità di I. M. nella causazione del sinistro per cui è causa, e per l'effetto condannava Allianz s.p.a., I.M. e G. I. s.p.a. al in solidale pagamento di somma a titolo di risarcimento dei danni.
Avverso la sentenza del giudice dell’appello il C. e la F. hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 32 ter, comma 3 e 3 quater, L. n. 27/2012, 1, comma 19, L. n. 124/2017, 139 d. lgs. n. 209/2005, in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Si dolgono che il giudice di appello abbia considerato l’accertamento strumentale della lesione di lieve entità gerarchicamente sovraordinato ad altre e diverse modalità di accertamento.
Deducono che:
a) a seguito della riforma operata dal legislatore nel 2017, l’accertamento visivo è stato aggiunto agli altri tipi di accertamento (clinico, strumentale ed obiettivo) nel corpo dell’art. 139 del codice delle assicurazioni private;
b) il legislatore del 2017 ha anche fornito una stringata definizione di ciò che deve intendersi per “visivamente accertato” (sono tali i danni “oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni”) e dalla suddetta definizione si desume che l’accertamento visivo si riferisce all’intera panoplia semeiotica (comprensiva di ispezione visiva, palpazione, esame della mobilità, percussione e auscultazione);
c) il richiamo alle cicatrici, obiettivamente riscontrabili, costituisce inciso che non può vanificare né restringere il perimetro della successiva definizione, or ora richiamata, in quanto trattasi di una esplicita esemplificazione. In definitiva, secondo i ricorrenti, il legislatore, nel suo secondo intervento (quello del 2017), unendo in un solo comma del nuovo art. 139 c.a.p. quanto disposto in precedenza nei due commi (comma 3 ter e comma 3 quater) dell’art. 32 della legge n. 27/2012, avrebbe mostrato di voler prendere le distanze dall’interpretazione restrittiva (in base alla quale il comma 3 ter faceva riferimento al danno biologico permanente, mentre il 3 quater faceva riferimento a quello temporaneo), per accedere ad una interpretazione estensiva, nel senso che i due commi avevano lo stesso oggetto e la loro combinata lettura costituisce semplicemente un invito al rigore ed all’obiettività nell’accertamento medico legale.
E a sostegno di tale interpretazione richiamano vari precedenti di questa Corte (in particolare, Cass. n. 18773/2016; Cass. civ. n. 1272/2018; Cass. civ. n. 17444/2018; Cass. civ. n. 22066/2018), concordi nell’affermare il principio per cui è solo e soltanto il medico legale a doversi esprimere sulla congruenza dei mezzi di accertamento sulle lesioni patite dal danneggiato.
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui , fermo restando la necessità di un rigoroso accertamento medico legale da compiersi in base a criteri oggettivi (non essendo ovviamente sufficiente la soggettività riferita), la sussistenza dell’invalidità permanente non può essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini: il tutto sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell’invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale.
In tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente l’art. 139, comma 2, ultimo periodo, d.lgs. n. 209 del 2005 deve essere ancora interpretato, pur dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 124 del 2017 e la pronuncia Corte Cost. n. 98 del 2019, nel senso che la prova della lesione e del postumo non deve essere data esclusivamente con un referto di accertamento clinico strumentale (radiografia, Tac, risonanza magnetica, ecc.), poiché è l'accertamento medico legale corretto, riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se tale lesione sussista, e quale percentuale del detto postumo sia ad essa ricollegabile (v. Cass. civ. 08/04/2020, n. 7753).
Si è al riguardo altresì precisato che la disposizione contenuta nell'art. 32, comma 3 ter, d.l. n. 1 del 2012 ( conv., con modif., nella L. n. 27 del 2012 ), costituisce non già una norma di tipo precettivo bensì una "norma in senso lato", cui può essere data un'interpretazione compatibile con l'art. 32 Cost., dovendo essa essere intesa nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psico-fisica deve avvenire con criteri medicolegali rigorosi ed oggettivi, ma l'esame clinico strumentale non è l'unico mezzo utilizzabile (salvo che ciò si correli alla natura della patologia), non essendo precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l'unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo (criterio visivo) e all'esame clinico ( v. Cass. civ. 16/10/2019, n. 26249; Cass. civ. 19/1/2018, n. 1272 ).
D’altro canto, l’accertamento medico legale non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che si traduca in una limitazione della prova della lesione.
Pertanto, il suindicato rigore va inteso nel senso che, accanto a situazioni nelle quali in ragione della natura della patologia e della modestia della lesione l'accertamento strumentale risulta in concreto l'unico idoneo a fornirne la prova richiesta dalla legge richiede, ve ne possano essere altre per le quali in ragione della natura della patologia e della modestia della lesioni è possibile pervenire ad una diagnosi attendibile anche senza la relativa effettuazione, tenuto conto del ruolo insostituibile della visita medico legale e dell'esperienza clinica dello specialista alla cui stregua debbono risultare fondate le conclusioni scientificamente documentate e giuridicamente ineccepibili.
I criteri scientifici di accertamento e di valutazione del danno biologico tipici della medicina legale (e cioè il criterio visivo, il criterio clinico ed il criterio strumentale) non sono tra di loro gerarchicamente ordinati e neppure vanno unitariamente intesi, ma vanno utilizzati dal medico legale, secondo le legis artis, nella prospettiva di una “obiettività” dell’accertamento, che riguardi sia le lesioni che i relativi eventuali postumi.
Ad impedire il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, dunque, non è di per sé l'assenza di riscontri diagnostici strumentali, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, che ben può essere compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c.
La normativa vigente, dunque, valorizza, e al contempo grava di maggiore responsabilità, il ruolo del medico legale, imponendogli la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona. Pertanto, è risarcibile anche il danno i cui postumi non sono “visibili” o insuscettibili di accertamenti strumentali, sempre che la relativa sussistenza possa essere affermata sulla base di un’ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medicolegale.
Esito:
Cassa, con rinvio, la sentenza n. 20667/2018 del Tribunale di Bologna, depositata il 29/06/2018;
Fonte: Redazione Wolters Kluwer - Altalex
https://www.altalex.com/documents/2023/10/02/micropermanenti-danno-biologico-riconosciuto-assenza-accertamenti-strumentali